E’ stupendo lasciare il microfono ad un Amico della porta accanto, anzi per l’esattezza di quella sotto al quarto piano. Siamo cresciuti insieme io e Luca, nel nostro giardino abbiamo giocato e coltivato le nostre passioni e i nostri talenti che ci hanno reso cosi, adulti ora.
E’ lui, senza alcun dubbio, la persona idonea per condurre e trasmettere le emozioni e la musica del grande Chester Bennington. Non vorrei aggiungere nessun ingrediente al suo meraviglioso assolo letterario. Solamente un grazie Luca per la passione che ci hai trasmesso. Buona lettura.
La buona musica è come il buon cibo. Ci fa stare bene, cambia in positivo alcuni momenti della nostra giornata e scegliendola, ci rendiamo conto di somigliarle.
Chi da sempre trova nella musica un elemento quotidiano imprescindibile, come accade al sottoscritto, non può dimenticare uno dei suoi principali interpreti. La parola “dimenticare” non è stata usata a caso, dato che questa persona purtroppo non è più in vita.
Chester
Sto parlando di Chester Bennington, storico frontman dei Linkin Park, celeberrima band californiana.
Descrivere cosa voglia dire affezionarsi ad una persona che non si conosce ma che ci ha accompagnato per vent’anni, risulta essere difficile. E’ difficile perché quello che ci viene trasmesso, entra e cresce dentro di noi, alimentando le nostre emozioni e sensazioni più profonde.
Cresciamo con le parole e le melodie, ci immedesimiamo ed emuliamo le sembianze di colui che per noi è una guida, che ha la possibilità di urlare il nostro disagio o dare vita alle nostre sensazioni, come facevano i poeti di un tempo. Chester Bennington è stato ed è ancora per me e per milioni di persone questo tipo di interprete. Quando la musica diventa cibo per la nostra mente e ci cresce, rendendoci anche migliori, la questione si fa molto seria.
Cantare ed interpretare le emozioni per quello che sono veramente, non lascia spazio ad alcuna falsificazione od invenzione. Le emozioni si provano, le troviamo cucite addosso e le possiamo percepire e comprendere proprio perché sono vere. Da questo può nascere qualcosa di musicalmente straordinario, che purtroppo non sempre può garantire che la mente che così brillantemente l’ha partorito, lo viva in modo pacifico e costruttivo. Le troppe ombre del passato possono essere in parte schiarite dalla luce del successo ma purtroppo puntualmente si ripresentano al nostro cospetto.
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Chester ci ha lasciato senza preavviso, in un pomeriggio estivo qualunque, che poteva somigliare a molti di quelli che ci ha aiutato a cambiare con le sue parole. Se ne è andato a due mesi dalla stessa assurda morte che aveva portato via il grande Chris Cornell, storica voce del grunge di Seattle e suo grande amico. Chester aveva cantato a quel funerale, ricordando al meglio quell’amico fraterno che viveva lo stesso oscuro turbamento, nonostante un peso opprimente gravasse sul suo cuore e sulle spalle. Ma é stato davvero troppo per lui. Ed è stato incredibilmente doloroso per chi amava entrambi.
La sensazione di aver perso qualcuno che non si è mai conosciuto è ancor più strana di quella di averlo trovato. Un grande vuoto misto ad incredulità, che può essere guarito solo dalle solite parole in musica, che nessuno potrà mai portarci via. Le ultime che ci aveva lasciato non erano state del tutto capite e quindi dobbiamo sentirci nel nostro piccolo un po’ colpevoli di questo. Anche se sappiamo di aver dato a Chester tutto ciò che aveva sempre sperato di ricevere.
La sua voce era tanto graffiante e rabbiosa, quanto dolce e melodica. Dentro una canzone dei Linkin Park potevamo trovare un amalgama unico di aggressività e poesia. La nostra anima veniva scossa e successivamente abbracciata, ci venivano sussurrate alle orecchie parole di esortazione, lenite da altre di conforto. E poi la musica. Le corde, le pelli e le voci dei suoi cinque compagni di viaggio, rendevano Chester completo sotto ogni punto di vista.
La musica della band è sempre stata due cose in una. Aggressività e disagio, melodia e amore, creando inevitabilmente tre fazioni di fan. I più accaniti fanatici del lato nu metal, i sognatori ed amanti di quella loro conformazione romantica e chi come il sottoscritto adorava tutto di loro.
In quei minuti dove eravamo isolati dal mondo, chiusi nella nostra stanza tappezzata di poster,sogni e passioni, si poteva passare da momenti di “headbanging” ad altri di totale ebbrezza emotiva, ad occhi chiusi e labbra strette.
Oggi la splendida “What I’ve done”, che fece anche da colonna sonora al pluripremiato action movie “Transformers”, lascia molta malinconia all’ascolto del suo ritornello: “What I’ve done, erase myself and let go of what I’ve done, for what I’ve done I start again and whatever pain may come, today this ends…”(Cosa ho fatto, cancello me stesso e lascio andare ciò che ho fatto, per quello che ho fatto ricomincio daccapo e qualunque dolore possa arrivare, oggi finirà…)
L’ultima canzone che rimarrà nel nostro cuore, nella nostra testa e nell’anima di chi l’ha scritta è “One More Light”. L’esecuzione di questo pezzo dal vivo, nell’ultimo live italiano della band, in occasione degli I-Days 2017 all’autodromo di Monza, rimarrà per sempre nella storia della musica. Solo vedendo il video si può capire di cosa si stia parlando. Chester che canta il pezzo tra carezze, abbracci, sorretto dai fan in una marea umana, come se quelle braccia fossero il sostegno amorevole che separa dal baratro. Intorno a lui decine di piccole luci, a creare un’atmosfera unica, che fa da sfondo alle parole della canzone.
“Who cares if one more light goes out, in a sky of a million stars…well, I do…”
(Che importa se un’altra luce si spegnerà, in un cielo di milioni di stelle…a me importa…)
E’ finito tutto così, quella luce si è spenta ma tutte le altre rimarranno accese per renderle omaggio. Forse questo è solo l’inizio e quella luce è ancora tra le altre, più viva ed intensa che mai.